Emozioni 'on the road' sulla Route 66
L'epopea della 'strada madre ' sopravvive per chi sa ancora cercarla
Della mother road, la mitica Route 66, sono rimasti pochi tratti. Ma la magia che emana quell’asfalto è intatta. Ed è qualcosa di più intenso delle paccottiglie, dei colori un po’ sbiaditi delle vecchie insegne pubblicitarie che tappezzano i negozi e le pompe di benzina. Un afflato più potente dei gadget anni ’50: il sogno di libertà di questo paese dalle mille contraddizioni. Non c’è un americano che non l’abbia percorsa: dal centro di Chicago, per 2400 miglia attraverso otto stati: Illinois, Missuri, Kansas, Oklahoma, Texas, New Mexico, Arizona e California e tre fusi orari, fino a terminare a Los Angeles, incrocio tra Santa Monica boulevard e Ocean avenue.
Venne costruita negli anni ’20, praticamente il primo vero collegamento est ovest, nato unendo parte delle antiche piste indiane che venivano utilizzate dai tempi della conquista del West. Ma anche se è stata sostituita da un’autostrada, ripercorrere quei tratti ancora in uso fa ripensare all’epopea dell’America fra le due guerre, alla crisi successiva alla Grande Depressione con la conseguente fuga dalle metropoli dell’est per ritrovare quello che era ed è il vero cuore degli Stati Uniti, ossia il suo infinito territorio e la sua economia di base fondata sull’agricoltura. Chi la percorreva rincorreva anche l’idea di un nuovo inizio, lontano dalle difficoltà. E il sogno, lungo la Mother Road, la strada madre, divenne avventura. Celebrata da musicisti, poeti e letterati, ancora oggi la strada è carica di energia. Racconta le storie di tutti quelli che l’hanno percorsa, regalando un po’ delle loro emozioni, delle loro aspettative, dei loro sogni a volte infranti.
Dopo il declino degli anni ’70, raccontato bene dal film Disney ‘Cars’, i ‘rimasti’, ossia coloro che non avevano accettato la dura legge dell’autostrada, decisero di tenere alta la memoria della Route 66. Continuarono a vivere e lavorare lungo la strada; e piano piano le persone cominciarono a tornare, attratte da quella magia, dal mito dell’America com’era. Basta guardare, non banalmente, oltre i negozietti di memorabilia per trovare quell’atmosfera. La Route 66 oggi è parco nazionale, caso unico al mondo per una strada, protetta dal Ministero Federale dei Beni Culturali.
Il tratto più godibile è quello sulla rotta di ritorno dal Grand Canyon è tra Seligman e Kingman. Ubriachi di gadget dopo il primo stop a Seligman, due tappe imperdibili nel tragitto che porta a Kingman. La prima è alle Grand Canyon Caves. Nell’ansia americana di classificare tutto, si dice siano le caverne secche più grandi degli Usa. Ma la curiosità maggiore, è che dagli anni ’50, in piena guerra fredda, furono trasformate in rifugio antiatomico e riempite di generi di prima necessità (che sono ancora stoccati lì, perché si sostiene non abbiano scadenza). Una nuova dotazione venne assegnata nel 2001 dopo l’attentato al World Trade Center. Vale una visita non tanto per l’aspetto naturalistico, quanto per tuffarsi nell’ansia da guerra atomica vissuta dagli americani in quegli anni. Il secondo stop è a Peach Spings, nel pieno della riserva della tribù Hualapai. Imperdibile un piatto di chili con carne al ristorante o un soggiorno al lodge gestito dai nativi. Verso Kingman, una sosta va fatta anche all’Hackberry General Store, ricco di auto d’epoca e targhe antiche: di rigore la bibita ghiacciata in veranda, seduti sul dondolo tra le antiche pompe di benzina. A Kingman, degni di nota la Steak House Dambar; e una mastodontica locomotiva sistemata in un giardino per ricordare l’epopea ferroviaria (ancora oggi i convogli merci trasportano su ogni vagone due container impilati). Si tratta di un'enorme locomotiva a carbone, costruita nel 1927 e convertita a gasolio nel 1941. Fu messa a riposo nel 1953 dopo aver percorso 2,5 milioni di miglia.
Se siete da quelle parti, può valere la pena anche un passaggio a Oatman; città mineraria abbandonata negli anni ’40, oggi dominio incontrastato di bikers, e degli asini bradi che la popolano. Fatto il giro degli immancabili negozi di abbigliamento (interessante quello di arte e oreficeria locale, ma anche la pelletteria artigianale che sforna cinture da cowboy, copri pantaloni, e cinturoni per la colt 45), un gruppo di volontari locali organizza sparatorie a salve in stile vecchio west. Un po’ turistico, ma fa impazzire i più piccoli.
Fabrizio Morviducci
22 settembre 2014
Colonna sonora take it easy (Eagles)