Sapore di sale dalla Puglia a tutta l’Europa
L’oro bianco di Margherita di Savoia e il fascino della zona umida, da Federico II a oggi
Non è mai diventato banale, col passare del tempo, lo slogan "Sale, sole, salute" per descrivere con tre parole il fascino di Margherita di Savoia, il paesino pugliese a circa 70 km da Bari che ospita le saline più grandi d'Europa.
Una distesa bianca antichissima, di cui parla addirittura Plinio il Vecchio, che accompagna per oltre 4000 ettari la terra pugliese e le sue campagne. Saline che di artificioso non hanno nulla e che devono la loro esistenza solo a madre natura. Le zone sono due: quella evaporante e quella salante. La raccolta del sale ha smesso da diversi anni di avvenire annualmente, con l'impiego di macchine raccoglitrici semoventi, per poi diventare meccanica. Si tratta cioè di una tecnica "a travoni di sale", fiore all'occhiello della salina margheritana, che permette, una volta scaricata l'acqua "madre" presente sull'incrostazione salina, di creare delle vere e proprie piste. È su queste che lavorano gli stessi escavatori, caricando il sale sui camion per poi trasportarlo sulle aie di ammassamento.
Un'area, a tanti ancora sconosciuta forse perché in passato non è mai stata adeguatamente pubblicizzata e valorizzata, che è anche zona umida dal respiro internazionale, ai sensi della convenzione di Ramsar, con tante specie di uccelli, tra cui cavalieri d'Italia, aironi, avocette e i "danzanti" fenicotteri rosa.
Il posto ideale per praticare birdwatching e andare alla scoperta di una flora alofita: piante come la salicornia, capaci di sopravvivere anche in condizioni estreme, come appunto l'elevata concentrazione salina nell'acqua. Lo stesso posto dove l'imperatore Federico II, il puer Apuliae, amava cavalcare.
Poco più in là delle montagne salate si ritrova un'altra arte dei salinari, quella della terra, caratterizzata da coltivazioni di cipolle, carote e patate, che precede di pochi passi il mare, l'arte dei suoi pescatori.
La stessa gente che abita questo pezzo di Puglia, fatto di "salinieri" (cioè di coltivatori di sale), agricoltori e pescatori, porta con sé il segreto di racconti preziosi, celati dietro le rughe più profonde, tramandati di generazione in generazione, in grado di ricostruire meglio di qualsiasi trattato storico le origini del lavoro in salina, i cambiamenti nella produzione e nei cicli di lavorazione del sale che sono avvenuti fino a oggi.
Le risorse di Margherita di Savoia proseguono anche con uno stabilimento termale che, sfruttando gli effetti terapeutici delle acque madri salso-bromo-iodiche e dei suoi fanghi naturali, è uno dei rinomati centri di riferimento della medicina termale.
Chi vuole provare a entrare in empatia con questo paese, la sua gente e tradizione, può cimentarsi nella lettura delle poesie in dialetto di Emanuele Amoroso, in grado di trasmettere tutta l'intensità del vivere "salinaro". Eccone solo un piccolo assaggio:
«U pajèse jind'a nötte arraugghjate/jà' n'ombre ca se spécchje jind'e bbacène/abbälle c'u vìnde e cche ll'äcqua salate/face u stercióuse abbrazzate a' salène» - l'esordio del componimento Tèrra maje, la cui traduzione recita: «Il paese ravvolto nella notte/è un'ombra che si specchia nei bacini/balla con il vento e con l'acqua salata/fa il civettuolo abbracciato alla salina».
Parole che trovano il loro senso compiuto e totalizzante non solo per chi in questo posto è nato e cresciuto, ma anche per tutti coloro che ci sono passati. E la giusta dose di curiosità in chi medita ancora di andarci.
Alessandra Ricco