Antelope Canyon: nel ventre della Terra
Alla scoperta del Lower e dell'Upper Canyon, in Arizona
Ci sono luoghi che scopri quasi per caso. E che diventano la tappa “magica” di un intero viaggio, quella che non puoi dimenticare. È stato così per l’Antelope Canyon, in Arizona, negli Stati Uniti.
Una volta fissate in mente le immagini di questi luoghi, non è difficile ritrovarle ovunque: sui salvaschermi dei computer, come su borse e poster. Eppure il loro nome non è ancora così conosciuto. Personalmente, l’ho incontrato per la prima volta in uno dei tanti post un po’ sensazionalistici che affollano Facebook e che rimandava a questo link. E dato che stavamo programmando un viaggio nei parchi naturali degli Stati Uniti, abbiamo deciso di farci un salto. Anzi due. Perché l’Antelope Canyon, collocato a Page, in Arizona, è diviso in due distinti tratti visitabili: il Lower Canyon (o “The Corkscrew” – il Cavatappi) e l’Upper Canyon (o “The Crack" – la Spaccatura). Si tratta di due parti di un lunghissimo cunicolo scavato dalle acque che, dalle montagne, attraversano questa valle arida e deserta. Quando arrivano, dopo aver dilavato chilometri di terreni privi di vegetazione, sono così impetuose da plasmare la pietra a loro immagine e somiglianza, scolpendo vortici e gorghi. E, ovviamente, travolgono e uccidono anche eventuali visitatori, motivo che rende i Canyon "off limits" in caso di piogge, anche se le precipitazioni sono a molti chilometri di distanza.
Lower e Upper Canyon sono due luoghi magici e vale la pena visitarli entrambi. Ma se dovete sceglierne uno solo (anche perché il costo non è indifferente) puntate sul Lower. Vi diranno che è più difficile da percorrere, che c’è molto da camminare, ma (a parere di chi scrive) si tratta di un percorso agevolissimo per chiunque sia abituato a fare un po’ di trekking, bambini inclusi. Il disagio di arrampicarsi su scale e scalette, di doversi appiattire per superare qualche punto in cui la roccia è più bassa o più stretta, è ampiamente ripagato dalla magia del luogo. Durante la visita, possibile solo con la guida di accompagnatori Navajo, sarete praticamente da soli, insieme al vostro piccolo gruppo. Vi potrete così immergere nel silenzio e nei suggestivi colori che raggiungono la massima bellezza all’alba e al tramonto, quando i raggi del sole filtrano obliqui.
Qua dentro, la terra sembra un ventre materno, morbido e vellutato, pieno di anfratti e nicchie. Se avrete fortuna, alcune guide si soffermeranno anche a suonare una chitarra, per rendere ancora più magica questa scoperta. Poi, percorso un lungo tratto nelle rosate viscere di roccia, risalirete in superficie, emergendo in un punto diverso rispetto all’entrata, da un pertugio così stretto da essere invisibile.
L’Upper Canyon è un’altra storia: anche in questo caso gli ingressi sono gestiti dai Navajo, che accompagnano i visitatori in fuoristrada fino all’entrata. Per arrivare occorre attraversare la distesa di sabbia che caratterizza il letto del fiume (lo stesso che scorre nei Canyon) nel tratto in cui emerge in superficie. Poi, ecco l’entrata a piedi nel Canyon vero e proprio, molto più largo e accessibile dell’altro. Qui non si cammina mai sulla roccia, ma su un letto di sabbia finissima, che rende il passaggio molto più agevole, ma che favorisce anche la presenza di tantissimi visitatori. Partenza e arrivo sono poi dallo stesso punto e i gruppi devono quindi percorrere il Canyon due volte. Finisce insomma che la magia si perde un po’, nonostante la bellezza del luogo, nel via via di gente che entra ed esce, nel passo da cedere agli altri gruppi e nei chiacchiericcio che cancella il silenzio.
In ogni caso, si tratta di due luoghi da visitare e di un’occasione eccezionale per stare a contatto con i Navajo e ascoltare il loro punto di vista sugli Stati Uniti di ieri e di oggi. Fra parentesi, questo luogo appartiene ai Navajo in tutti i sensi: non solo si trova nelle loro terre (la Nazione Navajo) e sono loro a gestire gli accessi, ma la scoperta di questo luogo magico è dovuta propria a una donna indigena. Fu una pastorella Navajo, nel 1931, ad entrare nel Canyon per la prima volta per recuperare una pecora. La signora, oggi molto anziana, vive ancora (così ci hanno assicurato) poco lontano.
Lisa Ciardi
30 luglio 2015